Se febbraio è per antonomasia il mese dell’amore, allora è il momento perfetto per parlare di eros e vino. Due parole che danzano accanto da sempre, da quando il vino nacque, da una lacrima di Dioniso – come narra la leggenda – non a caso dio dell’erotismo e dell’ebbrezza. 

Eruditi filosofi e grandi poeti, scrittori goderecci e irreprensibili scienziati hanno arricchito la letteratura con trattati e opere che hanno come oggetto il vino. 

“Eppure, anche se ormai sono ben noti gli effetti e le proprietà del “felice liquor di virtù pieno”, c’è ancora molto da imparare sul suo immaginario. E, in particolare, sul suo immaginario erotico… Per esempio, come non trovare sensuale l’umida polpa dei chicchi d’uva resa incinta dai raggi del sole, che con la loro calda luce infondono energia vitale nei grappoli? O la pigiatura, una danza voluttuosa in cui i partecipanti si abbandonano al corpo scuro e carnoso dell’uva lasciandosi penetrare dalle sue essenze inebrianti? E in questo appassionante viaggio sarebbe imperdonabile non ricordare, nel curioso gioco della degustazione, le insospettabili acrobazie della lingua che si anima d’amore, più carezzevole della mano, più espressiva degli occhi. O limitarsi a considerare il liquido disdegnando la bottiglia cui alcuni strizzano l’occhio come se fosse una bella ragazza, facendo indugiare lo sguardo sulla sua coscia o sull’ombelico prima di possederla…” (Da “Eros e Vino” di Jean Luc Henning).

eros e vino claudio quarta vignaiolo

Eros seduto su kantharos apulo a fig. rosse, officina pittori della patera e di Ganimede (Gallerie d’Italia, Napoli, archivio Intesa San Paolo)

Ciò che pensiamo e sappiamo del vino si deve a quello straordinario processo di stratificazione culturale nel quale abbiamo fatto nostro, anche inconsapevolmente, ciò che la cultura greca e romana ci hanno lasciato in eredità, raccontandoci dei nostri antenati, di come e perché si ritrovano nel luogo per eccellenza del bere insieme, il simposio, che aveva come elemento centrale il vino. Mai bevuto puro, ma sorseggiato diluito, il vino era parte essenziale della loro identità: in quelle coppe insieme al vino si versavano miti, riti, etichette di galateo, codici di comportamento, imperativi etici e filosofici. Il vino era il cemento per rendere forte un vincolo di amicizia, per siglare un’alleanza o concludere un affare; era il mezzo per distinguersi dai barbari – in cui rientravano indistintamente ubriaconi, bevitori di birra e astemi -; era lo strumento per stabilire regole, misurarsi con la moderazione ma anche di sperimentare l’eccesso. E, naturalmente, era un alleato potente per sedurre e conquistare.  Non è un caso che il tema su cui i partecipanti del Simposio platonico sono chiamati a cimentarsi abbia come oggetto Eros: non solo perché si tratta di un argomento consueto all’interno dei simposi, come provano le numerose discussioni filosofiche che, da Platone in poi, caratterizzano i simposi letterari, ma anche perché il legame tra vino simposiale ed eros – quel binomio “Bacco e Venere” ancora ben presente nel nostro immaginario collettivo – è radicato sin dai tempi antichissimi nella cultura greca, che lo declina sotto molteplici aspetti. Una delle più antiche iscrizioni greche giunte a noi, quella incisa sulle celebra “coppa di Nestore” (databile all’ultimo quarto dell’VIII secolo a.C), ammonisce che “chi berrà dalla coppa sarà preso dal desiderio di Afrodite dalla bella corona”. Un verso delle Baccanti euripidee, in cui il coro ricorda che “se non c’è vino non c’è Ciprode (epiteto di Afrodite), né alcuna altra gioia per i mortali”, riproduce un’espressione proverbiale ben attestata nella lingua greca, che lega indissolubilmente il dio del vino alla dea dell’amore. Ancora, il motivo ritorna più volte nei poeti lirici, molti dei quali iscrivono i loro componimenti proprio sullo sfondo del simposio: basterà ricordare Anacreonte, che ora si rivolge a Dioniso – intento a giocare con Eros, con le ninfe e con Afrodite -perché esaudisca il suo desiderio amoroso, ora chiede che gli venga portato del vino, insieme ad acqua e a ghirlande di fiori, per “fare a pugni con Amore”. Proprio come Anacreonte il connubio tra vino ed eros prende la forma di un’immagine metaforica destinata ad avere molta fortuna, e in voga ancora ai giorni nostri: quella “dell’ebbrezza dell’amore”. Ripresa dei poeti di età ellenistica, essa viene immortalata d Virgilio nei celebri versi dell’Eneide in cui Didone, ormai folle per Enea, ascolta i racconti del suo affascinante ospite e gli pone continue domande, mentre beve amore a lunghi sorsi. Ma il vino non è solo il mezzo ideale che soddisfa desideri erotici o che permette di godere più intensamente delle gioie che amore dà. Esso è spesso causa anche di benefici materiali, apprezzato come è per le sue qualità afrodisiache. Inutile dire che, soprattutto in alcuni generi letterari – primo fra tutti la commedia – battute e ammiccamenti sul tema sono frequentissimi: il vino eccita, allenta i freni inibitori, aumenta la pulsione sessuale, favorisce l’eccitazione, migliora la qualità della prestazione”. (da “Gli eroi bevono il vino” di Laura Pepe”)

eros e vino claudio quarta vignaiolo

Kylix greca a figure rosse che mostra un’etera e un simposio. c. 490 a.C. (Metropolitan Museum of Art, New York)

Il culto del dio del vino e della vendemmia, del piacere dei sensi e del divertimento, si diffuse nella penisola Italica intorno al II secolo a.C. : non più  Dioniso, i latini infatti lo chiamarono Bacco, nome derivante  da Bakkhos uno degli appellativi greci di Dioniso durante i momenti di estasi. Bacco veniva celebrato nei baccanali, inizialmente mistici ed orgiastici, che poi divennero riti propiziatori per la semina e la raccolta. I vari momento del rito culminavano nelle orge notturne cui prendevano parte quasi esclusivamente le baccanti, che sopraffatte da un’ebbrezza sfrenata danzavano al suono di flauto, timpani e tamburi. L’assenza di freni riguardo agli atti sessuali simboleggiava una buona propiziazione e la salvaguardia del patrimonio genetico della popolazione. (da dizionario Treccani)

Da quel che leggiamo, insomma, il legame tra eros e vino è sempre stato profondo. Ancora oggi possiamo leggere questo filo rosso in diversi aspetti del linguaggio e dei luoghi del vino. 

Ad esempio: “La cantina è la camera da letto giù dal basso. Silenziosa, profonda, oscura. Esposta a Nord. Né troppo bianca, né troppo umida. La cantina è come un momento di pausa che la storia si prende, è come la somma di piccoli frammenti di vino che si condensano e che si materializzano in anfore contenenti anche vini dolci e zuccherati. È lì che il vino si concentra, matura, come se nascesse dal mondo di sotto. Lontano dalle guerre, dalle passioni, dalle vicissitudini del tempo – dice il filosofo Bachelard – il vino elabora il segreto, perché non si sa cosa è, come diventerà, se bisogna aspettare ancora o se è già pronto ad aprirsi”. Si ha sempre paura di risvegliare la bella addormentata, con la testa un po’ abbandonata all’indietro come in un quadro di Giorgione. (da “Eros e Vino” di Jean Luc Henning)

Ma se ci riflettiamo, la stessa terminologia utilizzata per descrivere sensorialmente il vino è ricca di rimandi  al corpo e al linguaggio erotico.
Volendo descrivere un rosso, ad esempio, non sarebbe insolito imbattersi in una descrizione del genere:
“Attraente già dai riflessi rosso rubino, al naso si rivela complesso e seducente, penetrante con un ricco ventaglio di sentori che spaziano dai frutti rossi maturi, alla marmellata di ciliegia, per lasciare spazio alle note speziate di vaniglia, cuoio e cioccolato. In bocca si apre con un corpo penetrante e inebriante, la morbidezza è bilanciata da una bella spalla acida. Persistente e seducente”.  Come l’atto d’erotico fra due corpi. 

eros e vino claudio quarta vignaiolo

Piccoli Eros (eroti) con anfore vinarie (I sec. a.C.) Pompei Casa dei Vettii recentemente restaurata

La scienza, peraltro, negli ultimi decenni ha condotto diversi studi per dimostrare gli effetti del vino sulla vita sessuale. E dunque è emerso, fra le altre cose, che “Un consumo moderato di vino rosso stimola l’erotismo femminile, ma non per via dell’alcol. L’effetto è semmai dovuto a particolari sostanze chimiche, che aumentano l’afflusso di sangue e di conseguenza il desiderio. Lo afferma una ricerca dell’Università di Firenze, pubblicata sul “Journal of Sexual Medicine”. I ricercatori hanno analizzato 798 donne del territorio toscano del Chianti, controllando il consumo di vino rosso e sottoponendole a questionari che misuravano la salute e il piacere sessuale, e ne è risultato che il vino ha un impatto sulle funzioni sessuali femminili, migliorandone la risposta e il piacere. Secondo Nicola Mondaini, professore a capo dello studio, che pubblicherà anche un libro sull’argomento dal titolo “Vino ed Eros”, “uno o più bicchieri al giorno di vino rosso sono associati ad una maggiore salute e a un maggiore piacere sessuale”. (winenews.it 2009)

Concediamoci, dunque, un bicchiere di buon rosso. Con moderazione e con l’approccio di chi vuol concedersi una carezza, un sorriso, facendosi del bene. 

*in copertina affresco da Ercolano del I sec. d.C

Testo di Rosaria Bianco.
Grazie al filosofo Pierpaolo De Giorgi per la ricerca delle immagini.

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