Dal borgo di San Paolo nei pressi di Tufo, tra le colline della Campania, di tanto in tanto si poteva scorgere una folta coda arancione che si alzava e abbassava velocissima tra i filari di vite.
Era la volpe dalla grande coda, agile e furbissima, che aveva l’abitudine di introdursi nei vigneti per predare l’uva bianca, fresca e succosa, coltivata in altura, nota per essere la più buona del principato.
Un giovane vignaiolo da tempo le dava la caccia senza successo, ma un giorno riuscì ad avvicinarla pericolosamente ed era quasi sul punto di catturarla. La volpe, con uno scatto fulmineo, si lanciò giù dalla collina e, per far perdere le sue tracce, si infilò in una fenditura scura e stretta della roccia non accessibile all’uomo.
Da lì penetrò in una parte delle grandi miniere abbandonate ai piedi del paese, note come le miniere Di Marzo. Ma il vignaiolo, che conosceva bene quei luoghi e i suoi percorsi, raggiunse per primo l’uscita e attese la bestia per catturarla.
La volpe, sorpresa appena fuori dal nascondiglio, reagì per difesa agitando la coda che, come per magia, era divenuta tutta d’oro e scintillante alla luce del tramonto. Consapevole del suo fulgore, si atteggiò a divinità, irraggiungibile e imbattibile, agitando il codone con orgoglio e spavalderia. Al vignaiolo, paralizzato da quell’apparizione e da tanta superba bellezza, non rimase che tornarsene alla sua cantina, rabbonito e perplesso.
Da quel giorno la volpe non si avvicinò più alla vigna, e quell’anno l’uva fu talmente dolce e preziosa, che il vignaiolo ne attribuì il pregio allo straordinario avvenimento. Le uve bianche e succose di quel raccolto furono conservate a lungo in cantina ad appassire, al fine di ottenere un vino dolce, concentrato, e dal colore dell’oro.
Al vignaiolo piacque l’idea che il presunto prodigio verificatosi sotto i suoi occhi spiegasse il nome di quell’uva straordinaria. In realtà egli era ben consapevole che ancora una volta la volpe aveva dato prova della sua ben nota astuzia: aveva fatto credere di essere una divinità, abile nella metamorfosi, mentre aveva semplicemente assunto il colore dello zolfo attraversando la miniera.
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