C'è un filo rosso che unisce e attraversa le tre cantine che costituiscono l’identità e il marchio Claudio Quarta Vignaiolo. Un filo che si nutre della bellezza dei territori scelti, delle tradizioni che hanno animato quei luoghi per secoli, dei paesaggi che circondano i luoghi produttivi recuperati alla loro storia.
Ricerca-innovazione-modernità, tradizioni-storia-sostenibilità: È su questo doppio binario che corre la filosofia produttiva delle tre cantine Claudio Quarta Vignaiolo.
Claudio e Alessandra, padre e figlia, il Sud nel sangue mescolato ad uno sguardo internazionale, realizzano in Puglia e in Campania tre capolavori dell’arte enoica, che intrecciano autoctonia, paesaggio e arte: Tenute Eméra, la più grande delle cantine, con i suoi 80 ettari, di cui 50 vitati, nel cuore della DOP del Primitivo di Manduria a Marina di Lizzano, in Puglia, tra i due mari; Cantina Sanpaolo, che prende il nome dall’antica contrada San Paolo di Tufo, nel cuore dell’Irpinia e la piccola Cantina Moros, a Guagnano (in provincia di Lecce, ancora in Puglia) epicentro della celebre DOP Salice Salentino.
Tre cantine, tre diversi territori, un unico obiettivo: produrre vini capaci di raccontare “il Sud che emoziona".
Storia
Prima di divenire Vignaiolo, firma un'operazione che è iscritta negli annali della Finanza internazionale. Biologo genetista, inizia la sua attività di ricercatore che lo conduce alla direzione, nel 1996, del Centro Ricerche di Gerenzano (VA).
Claudio
La sua storia enologica ha inizio nel 2005 con la decisione di abbandonare il camice e la carriera di Ricercatore e Imprenditore Farmaceutico negli Stati Uniti, per indossare i panni del vignaiolo. È un ritorno alle sue origini, al Salento della sua infanzia, al rituale della vendemmia con i nonni, ma anche un tributo alla passione di sempre per i grandi vini. «Il vino non è solo quello che troviamo nel calice ma soprattutto ciò che c’è dietro al calice. Ha a che fare con le emozioni, con la narrazione del lavoro nascosto, silenzioso e composto dei contadini che nella stagione avversa curano la terra e la vigna e che soffrono fino al pianto nel caso di una natura non benevola ma trovano sempre la forza di reagire e gioire per un successivo raccolto. È il racconto dell’uomo che trova nel rapporto con la natura uno stimolo creativo e di crescita. Il vino è racconto, è un catalizzatore di incontri, di opportunità collettive, economiche e sociali».